A furia di fake new avremo una memoria fake

A furia di fake new avremo una memoria fake

Di Stefano Scolari

Può accadere che notizie false e la flessibilità del cervello umano e della memoria possano combinarsi tra loro e portare le persone a credere a cose del mondo che non sono vere, facendo il gioco delle persone che vorrebbero che il mondo fosse diverso da come esso è.

In questi giorni, nei quali si celebrava il 50 anniversario del primo sbarco sulla Luna, mi sono ritrovato a pensare ai miei ricordi di allora e al fatto che quei ricordi hanno fatto da sostegno, negli anni successivi, alla mia fiducia nel progresso scientifico e tecnologico. Allora avevo 12 anni.

Poi mi sono anche ritrovato a chiedermi cosa ricorderemo di questi anni. Mi sono chiesto cosa ricorderà del 2014 una persona che aveva allora 12 anni dopo 20 o 30 o 50 anni? Ad esempio ricorderà nel 2064 che la Presidente della Camera dei Deputati in carica nel 2014 era stata in passato una ballerina che si era esibita vestita da gallina, facendosi chiamare ‘ragazza coccodè’, in una popolarissima trasmissione della televisione pubblica italiana? Probabilmente sì lo ricorderà anche se da qualche parte aveva letto che era solo una bufala. Perché
è una bufala. E questo ricordo come avrà sostenuto il suo giudizio sulla dignità del Parlamento, dei rappresentanti del popolo italiano?

La memoria umana non funziona come quella del computer sul quale sto scrivendo queste note. Le informazioni sono memorizzate nel cervello attraverso la creazione e l'attività delle sinapsi: le connessioni tra neuroni. A differenza delle memorie del computer, che sono discrete (ovvero separate) e informativamente semplici, le memorie umane sono aggrovigliate insieme e frutto di una relazione astratta tra i pensieri che nasce dall'attività neurale diffusa su tutto il cervello. Quando richiamiamo qualcosa alla memoria, il nostro cervello ‘ricrea’ il ricordo ‘pescando’ solo le informazioni più basilari contenute nelle diverse sinapsi e completandolo delle parti mancanti. Assomiglia a quello che avviene mentre facciamo un cruciverba: avendo davanti a noi solo qualche lettera riusciamo a comporre la parola completa grazie allo stimolo, al ‘richiamo’, della definizione.

Ma quali informazioni sono ‘più basilari’ tanto da meritare una più duratura presenza nella nostra memoria e un più immediato riaffiorare come ricordo? A determinare l’importanza di una informazione è il rinforzo. Il rinforzo può avvenire sotto forma di ripetizione o pratica: ricordo che 7 x 8 fa 56 perché mi hanno fatto ripetere la tabellina dell’8 (per me era la più difficile) non so quante volte. Oppure ricordo come si monta l’erogatore su una bombola sub perché mi ci sono esercitato a lungo. Il rinforzo però avviene anche attraverso l'eccitazione emotiva, ovvero la quantità di emozione associato alla informazione: la maggior parte di noi ricorda vividamente dove si trovava e cosa faceva quando ha appreso la notizia degli attentati dell’11 settembre (1). Ognuno poi ha forti ricordi di esperienze che l’hanno positivamente o negativamente segnato.

Quindi,
ripetizione e emozione associata sono i rinforzi più efficaci per far sì che una informazione sia stabilmente memorizzata e facilmente richiamata.

Questa è esattamente la strategia di chi diffonde fake news: le ripete a oltranza, ossessivamente, anche quando tutti gli fanno osservare che è una fake! Non solo, ma come direbbero a Roma
ricicciano in continuazione, ovvero vengono nuovamente riproposte dopo tempo, anche dopo anni, anche dopo che sono state smascherate, contro tutte le evidenze. Ad esempio ancora nel 2010 c’era chi condivideva la notizia che Mandela fosse morto in carcere nel 1980, anche se visse fino al 2013, venne scarcerato nel 1990 e fu presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999. Ripetere è la parola d’ordine. Come ha scritto l’autore di un post a chi gli faceva notare che era una bufala: “Vuoi vedere che a furia di dire che è un fake diventa vera?”

Alla fake new viene poi associata un’emozione, spesso esplicitamente suggerita: “Condividi se sei indignato”. Indignazione, schifo, vergogna le parole più usate per veicolare l’emozione da associare.

Laura Spinney in un suo articolo su Nature (2) scrive:

"I ricordi sono condivisi all'interno dei gruppi con modalità inedite grazie a siti come Facebook e Instagram, confondendo il confine tra ricordi individuali e collettivi", spiega lo psicologo Daniel Schacter, che studia la memoria alla Harvard University. "Lo sviluppo della disinformazione via Internet, come nei recenti e ben pubblicizzati siti di notizie false, è in grado di alterare le memorie individuali e collettive in maniere inquietanti”. Le memorie collettive costituiscono la base della storia, e il modo in cui le persone comprendono la storia influenza come pensano al futuro.

C’è infatti un altro rinforzo da considerare: quello dell’approvazione sociale, in particolare quello delle persone che amiamo o consideriamo superiori. Credo che a tutti sia capitato di arricchire di qualche particolare inventato il racconto di un fatto accaduto. Non per mentire, ma solo per renderlo più interessante. Se questi arricchimenti producono la reazione desiderata nel proprio ‘pubblico’, ad esempio suscitano divertimento o sdegno, saranno ripetuti e perfezionati racconto dopo racconto. Questo provoca nuovi ricordi di questi arricchimenti, che sono sovrapposti alla memoria originale. In questo modo, un vero ricordo può diventare gradualmente più ‘falso’ ad ogni ripetizione, grazie al modo in cui il cervello immagazzina i nostri ricordi. Fino al punto di non distinguere più il ricordo di base dagli arricchimenti. (3)

Perciò se il condividere una fake new ha fatto aumentare i
like, versione Facebook dell’approvazione sociale, questo rinforzerà ulteriormente una certa versione dei miei ricordi.

Ogni ricordo, collettivo e individuale, è perciò soggetto a un incessante processo di ricostruzione che a volte può condurre a dare un significato sostanzialmente diverso agli eventi del passato.

Come osserva Paul Ricoeur (4), e Locke prima di lui, non si può separare la memoria dall'identità perché l'identità si basa sulla memoria.

Non voglio entrare qui nel dibattito filosofico su memoria e identità. (5) Considero solo l’uso che si fa nel linguaggio comune di ‘identità personale’ che di solito si riferisce a determinate proprietà alle quali una persona sente un particolare senso di attaccamento, quelle caratteristiche che la “rendono la persona che è” e ne determinano i comportamenti.

Ne consegue che ricordare è una questione legata al cosa facciamo. Non è che siamo solamente influenzati dalla conoscenza di eventi passati. Ciò che ricordiamo indirizza profondamente ciò che facciamo.

La rilevanza etica della memoria risulta evidente se solo pensiamo alla grande quantità di conflitti definiti ‘etnici’ avvenuti negli ultimi venti-trent’anni e causati da traumi storici repressi che in seguito sono stati fatti riemergere e amplificare attraverso la trasmissione dei ricordi tra le generazioni fino ad instillare un profondo odio reciproco tra gruppi etnici.

Quanta violenza, quante atrocità sono nate dalla manipolazione dei ricordi!

Manipolazione operata quasi sempre in malafede ma talvolta anche solo per semplice leggerezza e bisogno di approvazione, per avere un like in più.

Pensaci prima di condividere una fake new.


1 I ricercatori hanno dato un nome a questo specifico tipo di ricordo: flashbulb memory traducibile in italiano con ricordo fotografico o flash di memoria. Sono ricordi associati a un evento pubblico particolarmente traumatico caratterizzato da un alto livello di sorpresa e di attività emotiva.

2 SPINNEY LAURA,
Come le false notizie, Facebook e gli amici plasmano la nostra memoria, Le Scienze edizione on line, 11 marzo 2017.

3 Questo non significa che possiamo ricordare cose non accaduteci: possiamo benissimo riempire di arricchimenti il racconto di un esame universitario ma se siamo stati bocciati non ricorderemo di esser stati promossi e se lo diremo lo diremo consapevoli di dire un falso.

4 RICOEUR PAUL,
La memoria, la storia, l'oblio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003.

5 Per chi fosse interessato all’argomento consiglio la lettura di COPENHAVER REBECCA,
Reid on Memory and Personal Identity, The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Winter 2018 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL https://plato.stanford.edu/archives/win2018/entries/reid-memory-identity/.